Enjeux de la propriété littéraire dans les espaces publics et privés

Abbaye d’Ardenne, 30 et 31 mai 2013

Troisième atelier organisé par le réseau international Diasporic literary archives financé par le Leverhulme Trust, le workshop sur les questions de propriété littéraire a été préparé en étroite collaboration  avec l’Imec. Après les séances inaugurales à l’Université de Reading (Questions of Location, Ownership and Interpretation) et celles de Pavie consacrées à la dissémination des archives (Examining Split Collections), l’attention a été portée aux régimes juridiques encadrant l’accès aux collections, qu’il s’agisse de documents confiés à des organismes publics ou privés. Divers acteurs du commerce et de l’archive littéraire ont été conviés à apporter leur éclairage respectif sur l’évolution du domaine : des éditeurs (Ronald Blunden  / Hachette-Livre, Ariane Fasquelle / Grasset), des responsables de centres d’archives (Marcel Lepper / Deutsches Liretatur Archiv, David McClay / Scotland National Library, David Sutton / Reading, Kevin Repp / Beinecke Library, André Derval / Imec) un agent littéraire (Georges Hoffman), des chercheurs (Mathilde Lévêque Afreloce, Marie-Pierre Litaudon Cellam, Andrew Nash et Sophie Heywood / R ) un marchand d’autographes (Frédéric Castaing) sont successivement intervenus sur l‘histoire de l’édition et l’accès aux archives, le marché numérique et le droit privé. Les résultats d’une enquête en cours sur les bulletins de sociétés savantes ont ensuite été livrés lors d’un entretien avec Guillaume Louet (Ent’revues).

La deuxième partie du workshop a été centrée sur les spécificités des archives de littérature francophone, animée par Suzanne Diop et Romuald Fonkoua (Présence africaine / Université Paris 4), Claire Riffard et Anne Begenat-Neuschaefer (Item / Université d’Aix la Chapelle), Dominique Taffin (Archives de la Martinique) Ruth Bush (University of Westminster) et Albert Dichy (Imec). Enfin, avant que Helena Leonce ne livre le programme du prochain workshop à Trinité (The politics of location), Jens Boel a rappelé les enjeux du projet Memory of the World (Unesco).

André Derval, Directeur des Collections, IMEC

 

Il quesito a cui il terzo workshop dedicato al progetto “Diasporic Archives”, coordinato dall’Università di Reading, ha cercato di dare delle risposte concerne la natura dei vari interessi che convergono intorno ad un fondo archivistico, sia esso di natura letteraria oppure no. Come possono essere bilanciate questioni di privacy e di copyright con il diritto allo studio e con la necessità di preservare un bene culturale di massimo valore a livello nazionale? Qual è il punto in cui i diritti degli autori e dei loro eredi si intersecano con gli interessi della collettività ovvero della comunità degli studiosi? Dove si colloca in questo quadro la partecipazione degli editori e degli agenti letterari?

Nel corso del workshop sono emerse delle prospettive di analisi molto simili, nonostante la diversità delle posizioni dei relatori e le differenze inerenti all’organizzazione archivistica nel loro paese di provenienza.

Per quanto i diversi portatori di interesse possano partire da posizioni contrastanti, una collaborazione efficiente al fine di mettere in sicurezza le carte, oltre a garantirne l’accessibilità da parte degli studiosi, rappresenta un’assoluta priorità. Con la Francia in testa si va sempre di più verso un modello di “Archivi senza frontiere” (Archives sans frontières), in cui ci si allontana dall’idea di patrimonio nazionale per avvicinarsi ad un concetto di “archivio in movimento”, come è stato ben illustrato anche dall’acquisto comune e condiviso di carte kafkiane da parte della Bodleian Library di Oxford insieme al Deutsches Literaturarchiv di Marbach. Il nuovo concetto di “tesoro nazionale” include ogni bene culturale meritevole di essere accolto, protetto e valorizzato – anche solo per un periodo di tempo limitato – da chi ne entra in possesso, a prescindere dalla sua appartenenza al panorama culturale nazionale (p.e. le carte di un autore in lingua araba, proveniente dalla Siria, recentemente affidate all’IMEC). Non tutti i paesi però sembrano essere disposti ad accettare questo modello archivistico sovranazionale; spesso entrano in gioco interessi politici e problemi legali: il diritto d’autore infatti è una disciplina tuttora regolata in maniera molto variabile da paese a paese. Ad esempio, la durata relativamente breve del diritto d’autore in India – 60 anni dalla morte dell’autore – paragonata a quella del Messico – 100 anni – pone seri problemi a chi vuole usufruire dei diritti di pubblicazione. Inoltre non tutti gli autori sono disposti a rinunciare a quello che in molti considerano il loro “late pension fund” (fondo pensione per la vecchiaia).

Una rete di istituzioni archivistiche sovranazionale è però fondamentale per contrastare un sempre più fiorente mercato di manoscritti che mina la definizione di complesso archivistico come tale. Il disinteresse (ma anche la mancanza di fondi) di molti stati influisce sull’andamento del libero mercato: più manoscritti di valore vi circolano, più aumenta la domanda, e ciò incide fortemente sul prezzo finale. Organizzazioni private come la società francese Aristophil usano i manoscritti per creare dei vantaggiosi fondi di investimento e mirano a posizioni di monopolio per poter dominare il mercato. Digitalizzare i manoscritti e le carte d’archivio prima che essi finiscano nelle collezioni private potrebbe forse costituire una soluzione di compromesso tra interesse privato e interesse pubblico, tenendo aperte buone prospettive per la ricerca scientifica; c’è però anche il rischio che questo divenga un alibi per una resa incondizionata alle ragioni del mercato. La condivisione dei materiali digitalizzati, e più in generale dei sistemi informativi, rappresenta in ogni caso una via fondamentale per la ricostruzione virtuale di archivi dispersi, e può contribuire al superamento di “frontiere” di natura politica, giuridica, economica e tecnica.

Le possibilità di collaborare sono molteplici: gli archivi insieme alle case editrici, le case editrici insieme agli agenti letterari, gli archivi privati e quelli statali, gli archivisti e gli studiosi (p.e. attraverso un modello di studio condiviso, messo in atto recentemente presso il Deutsches Literaturarchiv di Marbach), gli studiosi e gli editori, i collezionisti e i ricercatori, i collezionisti insieme alle istituzioni statali. Tutti sono chiamati a giocare il loro ruolo, anche gli autori stessi insieme ai loro amici e ai loro familiari (p.e. attraverso le società letterarie). Solo così si possono raccogliere fondi al fine di garantire degli stanziamenti sufficienti alle singole attività legate ad un archivio: dalla conservazione alla catalogazione, dalla consultazione (per motivi di studio personali ma anche come tappe essenziali all’interno di un percorso scolastico) alla digitalizzazione, fino alla valorizzazione attraverso mostre e convegni.

Anna Antonello e Giovanni Battista Boccardo (Centro Manoscritti, Pavia)